Era questa ciò che restava di una meda; un segnale navale affiorante in superficie, simile a un semaforo senza luci. Le meda, oggi spesso sostituite da boe galleggianti, sono utili ad individuare un allineamento, quale la rotta di entrata in un porto, ma anche la presenza di secche, scogli o altri ostacoli sommersi. Sono di colori e profili vari; la loro parte alta, detta miraglio, è costituita da forme geometriche come sfera, piramide, cilindro o cono, ognuna delle quali, singolarmente o in abbinamento tra loro e con diverse colorazioni, fornisce informazioni ai naviganti.
La meda di Lucrino è costruita nella seconda metà dell’ottocento dalla Regia Marina Italiana sui ruderi, affioranti in superficie e da tutti conosciuti come “Le Fumose”, del sommerso canale costruito per entrare nel “Portus Iulius”. Sembra che sia stata innalzata sulle stesse rovine dell’antico fanale romano che segnalava ai naviganti l’ingresso nei bacini interni costituiti dai laghi Lucrino e Averno.
La nostra meda si ritrova a svolgere vari compiti; segnalare il pericolo costituito dall’improvviso basso pescaggio per la presenza di ruderi sommersi; indicare con la sua forma conica la rotta per superare tale barriera; segnalare distanza e posizione certa alle numerose unità che, nei suoi paraggi, eseguono la verifica delle bussole di bordo. Nonostante approfondite ricerche non sono riuscito a trovare foto di questa meda; pertanto ho incaricato l’amico e maestro Antonio Isabettini, stimato artista puteolano, di disegnare per noi questa torre. Lo schizzo nasce da ricordi fantasiosi ma, con Baia e il suo castello sullo sfondo, racchiude incantevoli realtà del nostro Territorio
Un celebre portolano inglese, il “Mediterranean Pilot” del 1917, nel descrivere le nostre coste la definisce un faro di pietra, colorato verticalmente con strisce alternate di bianco e rosso, che si erge sulla barriera delle Fumose. Questa barriera, così continua il “Mediterranean Pilot”, è una “patch” (toppa) rocciosa con solo 3 piedi d’acqua sopra di essa e si trova a 213 piedi sia da Punta Caruso che da Punta Epitaffio.
Per passare a sud di questa barriera il portolano consiglia di mantenersi nelle vicinanze di una casa bianca che si trova a 300 yards dal molo di Baia, in linea con le rovine del Tempio di Venere.
Anche se simile ad altri generici segnali marini questa torre è eretta anche per altro ben preciso scopo; essa, unitamente ad una serie di boe poste poco più a largo, serve alle unità da guerra per verificare e rettificare le bussole di bordo. Praticamente in queste acque le navi eseguono i cosiddetti giri di bussola tenendo sempre ben inquadrato il miraglio di questo semaforo che indica loro il sicuro punto fermo.
Per fare i giri di bussola bisogna sperare che il tempo sia buono, non ci sia vento e che ci sia uno specchio di acqua adeguato e giustamente ridossato; il circolare ma non vasto golfo di Pozzuoli, ben protetto dai venti del nord e dell’est, con vistosi punti di riferimento nel completo arco di 360 gradi, ben si presta, in ogni stagione, a operazioni di questo genere.
Per calcolare le deviazioni della bussola si porta la nave all’ormeggio sulla boa centrale che, insieme a tutte le altre, sui portolani è segnalata con la sigla B.V.B.
La boa di ormeggio, in legno, è circondata da alcune piccole boe laterali che servono per il tonneggio della nave intorno alla boa centrale. La nave gira intorno al punto di ormeggio con l’aiuto di un rimorchiatore tenendo ben visibile la meda ed altri punti di riferimento tutto intorno. Poi sulla Rosa della bussola si leggono gli angoli di rilevamento ed a mezzo di formule si ricava la Linea di Fede e la Prora Magnetica; tutta questa operazione è denominata “Giri di Bussola”. Varie e numerose le testimonianze di rettifica bussole effettuate dalle unità da guerra italiane, specialmente quelle in procinto di partire per lunghe crociere intorno al globo; le più vecchie riguardano unità dell’appena costituta marina unitaria.
Tra queste la pirofregata sarda Vittorio Emanuele che durante la Seconda Guerra d’Indipendenza del 1848 partecipò all’occupazione dell’isola di Lussino e prese parte all’occupazione di Ancona. Fu attiva anche durante l’assedio e il bombardamento di Gaeta (18601861) e nel 1866 partecipò alla battaglia di Lissa nel corso della Terza guerra d’indipendenza. È stata la prima nave scuola della nascente Regia Marina italiana; ha solcato i mari per ben 44 anni, gran parte dei quali passati alla vela sull’Oceano Atlantico e sul Mediterraneo, per allenare, istruire e formare le giovani generazioni di ufficiali al servizio della nuova Italia. Sarà radiata solo nel 1900 per assumere compiti di guardia porto. Il 24 novembre 1880, con a bordo un corso di guardiamarina di nuova nomina ed un corso speciale di marinai per le categorie timonieri e nocchieri, la nave parte da Napoli per la campagna d’istruzione invernale e si dirige a Pozzuoli dove resta i giorni 25 e 26 per la rettifica delle bussole.
Il 16 novembre 1881 la Regia corvetta Caracciolo è a Napoli ed albera le insegne di armamento, dopo essere rimasta un anno in bacino per necessità di raddobbo. Deve raggiungere la Divisione Navale italiana del Pacifico e colà sostituire la Regia corvetta Garibaldi già richiamata. Imbarcate le munizioni da guerra si reca a Pozzuoli dove, com’è costume per le navi militari del 2° dipartimento marittimo, provvede alla rettifica delle bussole di bordo ed il giorno 30 inizia una lunga navigazione che nei tre anni seguenti la porta a compiere il giro del mondo.
Anche l’incrociatore Dogali, già reduce del mar Rosso, si reca a Pozzuoli per la rettifica delle bussole di bordo e ne riparte il giorno 21 maggio 1904 alla volta del sud America dove compie esplorazioni memorabili sui fiumi di questo continente.
Nel volume “I Campi Flegrei”, della serie “Italia Artistica” edito nel 1909, così Giuseppe De Lorenzo descrive la presenza di queste boe nel golfo di Pozzuoli: “. . . ed innanzi Lucrino esistono già da tempo le boe destinate alla rettifica della bussole; così che frequentemente avviene di vedere nelle calme acque del golfo di Baia le possenti corazzate ed i veloci incrociatori, venuti a caricare le artiglierie ed a rettificare le bussole, specchiarsi nel lucido mare con la tinta grigia e le forme ardite e minacciose, fatte per la corsa e la battaglia…..”
La nostra meda in muratura, a guisa di torretta e con il caratteristico miraglio conico, una volta abbandonata dalla Marina principia ad essere danneggiata dal mare e scolorita dalla salsedine.
La cupola superiore quasi bianca somiglia sempre più all’ironico cappello della famosa maschera napoletana; questo è il motivo del perché inizia ad essere da tutti indicata come la “Torre di Pulcinella”
Per i bagnanti dei Lidi di Lucrino la secca della Fumosa, segnata da questo piccolo fanale della Marina, rappresenta il limite da raggiungere a nuoto.
Da qui partono tutte le gare acquatiche organizzate dai primi club agonistici.
Nel 1903 il Circolo Sportivo Virtus di Pozzuoli organizza una gara su di un percorso di 1250 metri; la partenza è dalla Torre di Pulcinella e l’arrivo a Punta della Bambinella dove giungono appaiati vittoriosi, col tempo di minuti 32’ e secondi 17’’, i fratelli Guido e Mario Ferraro; terzo, ma distaccato di circa cinque minuti, l’atleta napoletano Ascione col tempo di 37’ e 5”.
Da sottolineare che Guido, comproprietario del Casino alla Starza di Pozzuoli, è il papà dell’ammiraglio Renato Ferraro.
E’ questa la prima di innumerevoli attività sportive che iniziano da questo insolito punto di partenza. Tra gli anni ’50 e ’60 ricordiamo le gare di nuoto organizzate tra i vari lidi e per la manifestazione “Ondina Sport Sud”, programmata ogni estate dalla redazione sportiva de “Il Mattino”.
Vi ritroviamo anche i pochi che si affacciano al gran fondo, tra i quali un giovanissimo Giulio Travaglio campione del modo e per ben 4 volte vincitore della Capri – Napoli; ma questa è tutta un’altra bellissima storia.
Amalia Galante, nella “La signora dagli occhi di viola”, così scrive:“Andiamo a Lucrino?” “Per me va bene, senza macchina però, prendiamo la cumana a Montesanto”. Martina da molti anni mancava dal lido Napoli; era uno stabilimento di pietra. Un lungo nastro di cemento separava le cabine per famiglia, con una terrazzina coperta, dagli spogliatoi in muratura. Martina nuotava bene allora, arrivava senza sforzo alla tomba (sic) di Pulcinella, il bianco tempietto che si ergeva come un faro.
Marco Caiazzo così narra in merito ad Alfredo Vaglieco, presidente della Lega Navale napoletana, che conobbe il mare da bambino, ad Arco Felice: “La mia famiglia si spostò quando il medico disse ai miei genitori che avevo bisogno di sole e mare, perché troppo gracile. Da ragazzo ho vissuto lunghi pomeriggi nella città sommersa tra Lucrino e Baia, la conoscevo meglio della città emersa per averla vista da pescatore e in parte anche da sub. E poi ricordo la Torre di Pulcinella al centro dello specchio d’acqua tra Lucrino ed Arco Felice, un posto da sogno”. Poi conclude; “Di quel periodo gli sono rimasti i ricordi e un colorito della pelle da marinaio”. Leggenda vuole che la Torre di Pulcinella sia stata un posto solo per nuotatori esperti, la cronaca informa che un giorno un ragazzo si tuffò e non fu più ritrovato.
Negli anni ’60 la torre, gravemente danneggiata da marosi e temporali, è fatta brillare dagli artificieri della Marina poiché ritenuta pericolosa e per la navigazione e per tutti color che ancora ci si arrampicano.
Adesso è completamente sommersa ed il suo punto più alto è alla profondità di cinque metri. A chi gli si avvicina ancora elargisce doni preziosi; alla base dei suoi ruderi si trovano facilmente piccole aragoste, scorfani ed altri pesci pregiati. Ma il suo omaggio più prezioso ha saputo donarlo ad intere generazioni che di lei serbano un prezioso e dolce ricordo.
Giuseppe Peluso