NEWS del 8 novembre 2017 – La lente d’ingrandimento di COSMAR sui sinistri marittimi – Fonte Ship2Shore

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  Napoli –  L’era moderna, che nell’ambito della navigazione sui mari contempla l’utilizzo di un elevato grado di tecnologia anche nell’armamento, sia a livello costruttivo che organizzativo, reca in sè, tra le conseguenze inevitabili, un radicale mutamento della prospettiva di lavoro per alcuni mestieri tradizionali, come quelli dei marittimi a bordo.

Ma, anche per questo motivo, le professionalità dovranno evolversi di conseguenza, e il rischio che si crei un’esuberanza dell’attuale forza lavoro della gente di mare, incapace di rispondere ad esigenze innovative, è più che concreto, se non vi saranno adeguamenti sotto il profilo culturale, della formazione e dell’informazione; tra gli strascichi di questa situazione latente, anche il continuare a proliferare dei sinistri marittimi che, seppure in massima parte attribuibili – come sempre – all’errore umano, nondimeno non sempre sono contenuti, nei loro effetti più deleteri, dall’apporto delle nuove tecnologie messe a disposizione degli attori di processo dal progresso.

Sono queste alcune delle principali conclusioni emerse dall’ampio dibattito che è stato organizzato da COSMAR alla Stazione Marittima di Napoli. Per il Comitato per la salvaguardia della dignità del personale navigante, fondato dal Com. Giorgio Blandina due anni fa, ma che ha già raccolto risultati lusinghieri in termini di adesioni e di obiettivi raggiunti, si trattava della seconda occasione di evento pubblico, dopo quello dell’anno scorso incentrato sul tema del lavoro marittimo, svoltosi a Procida nell’aprile 2016 e con titolo: “Il futuro della marineria italiana”.

L’evento partenopeo – svolto in una sala gremita anche di rappresentanti dei marittimi, col patrocinio di Regione Campania, Comune di Napoli, Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, Accademia Italiana della Marina Mercantile, Università degli Studi Parthenope – ha chiamato un ampio e qualificato panel di relatori a sceverare un argomento di attualità perenne, quale quello dei “Sinistri marittimi: cause e concause”, e con un intrigante sottotitolo: “Formazione, informazione e disinformazione”.

Nel corso del convegno sono stati trattati i temi che stanno a cuore a chi vive al mare, ma soprattutto a chi lavora in mare: dalle cause dei sinistri marittimi agli infortuni che troppo spesso avvengono a bordo delle navi, dalle normative che governano questa importante materia all’importanza della formazione, dall’informazione necessaria a ovviare a tali contingenze, ai danni che la disinformazione crea in ambito marittimo e nel relativo indotto.

“La Marineria non ha bisogno di una mano sulla spalla, ma di un’educazione culturale” ha rilevato Giorgio Blandina nell’aprire i lavori, sottolineando peraltro l’assenza inattesa di rappresentanti della confederazione degli armatori. “Siamo di fronte ad un futuro per molti versi inquietante. Nel 2019 salperà da un porto giapponese una rinfusiera senza equipaggio, mentre nel 2025 i mezzi navali potranno essere unmanned.

A questo punto viene da chiedersi, quale futuro ci sarà dunque per donne e uomini della nostra marineria? Ci saranno meno infortunati certamente se sarà ‘vietata’ la guida dei veicoli agli esseri umani, ma ci saranno meno sinistri? E quali professioni nasceranno? Come si potranno ricollocare i marittimi di oggi? Di certo occorrerà tracciare un percorso per le nuove generazioni” ha chiosato il leader di un comitato spontaneo, ispirato a modello nordeuropeo (precisamente in Danimarca, dove c’è un sindacato che fa da tramite), che si muove nell’alveo del volontariato, svolgendo la propria attività con passione genuina. “Siamo una società di servizi che si occupa dei marittimi, consci che andando per mare non è facile restare aggiornati. COSMAR dunque è la casa dei professionisti del mare, dove i marittimi aiutano volontariamente altri marittimi”.

Secondo il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, Pietro Spirito, “Occorre fare insieme un percorso che porta verso la responsabilità sociale di impresa. Oggigiorno si è acuita di certo la concorrenza, ma ci vuole anche collaborazione tra competitors, ovvero la coo-petition. La sicurezza è questione primaria per tutelare gli infortunati ma anche le aziende.

Nei giorni scorsi abbiamo firmato la Carta di Napoli e abbiamo invitato l’organismo di Partenariato a confrontarci; si tratta di un’iniziativa congiunta nei prossimi mesi per mettere questi contenuti nell’operatività quotidiana.

Il secondo pilastro della sicurezza è l’innovazione tecnologica, incalzante e molto rapida, che mette in crisi il sistema attuale; l’e-commerce sconvolge tutti i paradigmi passati. In Germania il progetto Industria 4.0 esiste già da 15 anni, mentre noi italiani per abitudine tendiamo a recuperare terreno all’ultimo; ma adesso non possiamo più improvvisare, occorre cominciare a costruire da ora i mestieri del futuro.

Finora storicamente da che mondo è mondo le rivoluzioni tecnologiche hanno creato nuovi servizi e lavoro. A questo proposito – ha concluso Spirito con un flash sull’attualità dei porti  – l’Agenzia del lavoro finora ha affrontato la questione, negli scali di Taranto e Gioia Tauro, in maniera incongrua, perché suo compito non dovrebbe essere quello di dare paracaduti, ma invece di sapere guardare al domani”.

L’On. Anna Maria Carloni, della IX Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, già presente all’evento COSMAR dello scorso anno a Procida, ha ricordato che “La sicurezza dipende dal potere esecutivo, cui spetta disegnare la cornice legislativa. Negli ultimi anni abbiamo registrato un abbassamento della guardia. Noi parlamentari ci siamo battuti molto per far sperimentare a Napoli e a Gioia Tauro la ZES Zona Economica Speciale, come nuovo strumento economico, consapevoli che solo lavoratori meglio formati potranno evitare maggiori sinistri marittimi”.

La deputata del PD ha poi citato il Decreto 22 novembre 2016 su direttiva UE 35 del 2012 sui requisiti minimi della gente di mare. “L’attuazione della norma ha sollevato molte criticità, come rilevato a Procida in un altro recente convegno il 30 settembre scorso. Personalmente, sentiti alcuni armatori in quella circostanza, ho presentato una risoluzione al Governo che contempla procedure di arruolamento e formazione meno bizantine, avviando i prospetti futuri al lavoro di bordo fin dalla giovane età, che verrà approvata a breve termine; è un impegno che il Governo dovrà portare avanti anche con la nuova legislatura”.

Il Capitano di Vascello Giovanni Greco, in rappresentanza della Guardia Costiera, ha effettuato una articolata illustrazione del tema al centro del convegno, citando le 5 categorie di attori coinvolti nei sinistri marittimi (PSC Port State Control, Recognized Organisations, VTS, amministrazioni di bandiera, compagnie di navigazione) e i 3 livelli di ispezione a bordo: Flag state (registri e amministrazioni), Port State Control, ISM code (le compagnie).

“In Italia vi sono 180 ispettori della Guardia Costiera in 55 porti impegnati in Flag State e Port State” ha precisato il  coordinatore del Flag State nazionale. “Secondo un’ultima statistica solo il 62% dei sinistri sono addebitabili all’human element. Chiaramente se il welfare a bordo è favorevole, anche i sinistri si riducono; tra le loro numerose cause vi sono anche i contrasti tra gruppi di persone di etnie diverse e non sempre amalgamate in maniera armoniosa”.

Il Capo sezione Gente di Mare della Direzione Marittima della Campania, (CP) Pasquale Palescandolo, ha rilevato come occorra porre l’accento sui Marittimi italiani (e quelli comunitari, equiparati) e la loro competizione con quelli extra UE. “Se ci basiamo solo sul costo del lavoro, chiaramente non è sostenibile alcuna concorrenza. Dobbiamo perciò creare condizioni di lavoro allettanti per le compagnie ma senza eccedere in sovvenzioni e finanziamento come invece accaduto finora. Ma come creare appetibilità? Il valore aggiunto del marittimo straniero sta nella formazione, dunque occorre fare investimenti su questa voce a favore dei nostri marittimi. La sfida delle nuove tecnologie crea anche specializzazione e dunque fabbisogno di lavoro specializzato; l’obiettivo finale è che la marineria non abbia bisogno di agevolazioni per essere assunta, alla pari con altri omologhi”.

Presentando i risultati di una apposita ricerca sulla MLC Maritime Labour Convention 2006 di recente entrata in vigore, la Prof.ssa Susy Di Vaio dell’Università Parthenope ha passato in rassegna i profili normativi e i sistemi di misurazione del controllo nell’ambito del seafarers management sulle diverse categorie di marittimi. “Il marittimo a bordo non è solo lavoro ma anche vita, dunque occorre considerare affaticamento e riposo; risulta difficile vivere in un ambiente a rischio. Ma cosa significa cattiva qualità? Occorre misurare l’efficacia e non l’efficienza, dunque con una valutazione ex post. Il costo per la compagnia di navigazione non può essere solo il danno. Noi abbiamo cominciato a suggerire 4 elementi chiave. Le conclusioni sono che le cause del fattore fatica sono spesso correlate, dunque di non facile determinazione. Peraltro gli strumenti di controllo non sono la panacea al fattore fatica” ha terminato la docente dell’ateneo partenopeo.

Enrico Vergani, partner dello Studio Legale Garbarino Vergani, è andato a fondo della problematica all’ordine del giorno.  “Il sottotitolo di questo evento dà la misura di quanto è necessario fare per ridurre l’entità dei sinistri marittimi. La formazione è essenziale per la loro prevenzione; il sinistro navale è ormai un fatto mediatico, importante è essere trasparenti con la stampa e preparati. Per converso, la disinformazione è il rischio maggiore: il non sapere e la cattiva informazione nonché l’informazione speculativa creano grossi disagi. Oggigiorno sono invalsi, nelle situazioni più preparate, funzioni e strumenti quali i casualty response team e il crisis management impensati fino a poco tempo fa”.

Il legale genovese ha poi preso le difese della professione marittima. “Il comandante di una nave moderna è l’uomo vitruviano dello shipping, che deve tenere conto di numerose, e persino eccessive, competenze. La qualità del tonnellaggio stessa è oggi una forma di controllo, mentre un’altra forma è quella dei finanziatori. Ma alla fine chi decide cosa fare, e dunque si assume la piena responsabilità dei fatti e delle misure adottate, è comunque il comandante, che diventerà inevitabilmente responsabile delle sue scelte” ha concluso Vergani, non prima di lanciare la palla tra le mani del relatore successivo, Enrico Iacono, Executive Claims di PL Ferrari, sul tema dell’esposizione diretta del Comandante nell’ipotesi di insolvenza del proprio armatore, di procedimento di limitazione della responsabilità, di approccio strategico nell’ambito della copertura P&I, che postula la necessità di una copertura assicurativa integrativa e del coordinamento nell’attività investigativa e defensionale”.

Il manager napoletano del broker leader tra quelli di P&I Clubs a livello mondiale ha annuito alla bonaria provocazione, ribadendo che “occorre migliorare la comunicazioni tra i reparti. La qualità deve essere un must da fare da soli, senza che vi sia un controllore deputato a tale attività a sollecitare l’adozione di misure di efficientamento”.

È stato poi il turno dell’avvocato penalista Carlo Golda, che è anche docente all’Università di Genova, esperto di Difesa penale dei comandanti. “Costoro sembrano purtroppo essere destinati a una sorta di schiavizzazione da parte degli armatori; assistiamo oggi al terrificante fenomeno della perdita della dignità del marittimo. Non resta che la difesa collettiva della categoria dei comandanti, visto che a livello individuale costui non riesce a difendersi. Se invece il comandante confida in un meccanismo difensivo da parte del sistema, allora ha fatto un grande errore di valutazione. È necessaria un’azione collettiva preventiva anche di fronte alle navi unmanned”.

Per nulla intimorita dai rischi della professione che si è scelta, raro caso di donna comandante a capo di navi mercantili in Italia – da 20 anni naviga a bordo di gasiere, rimorchiatori, unità porta-bestiame e ora per conto della compagnia nordeuropea, l’olandese Anthony Veder, impegnata nei trasporti chimici – la Com. Laura Pinasco ha rammentato che “purtroppo gli incidenti si ripetono nonostante tutte le misure preventive adottate. Di certo non si possono attendere tempi biblici per le indagini, e in Italia sotto questo profilo siamo indietro rispetto ad esempio al Regno Unito, dove agisce efficientemente il MAIB Marine Accident Investigation Branch, l’organo investigativo più famoso indipendente del Ministero dei Trasporti britannico, ma anche di Malta e Grecia, dove esistono organismi analoghi all’agenzia statale inglese.  L’Italia ha recepito in modo diverso, la Commissione ogni anno pubblica un report peraltro non molto analitico, senza casi investigativi. Qui a Napoli ci sono molte autorità presenti, che possono fare qualcosa, speriamo di portare a casa qualche risultato. In ogni modo occorre anche una crescita culturale a bordo per ovviare ai sinistri” ha concluso Pinasco, che è anche dirigente di COSMAR.

Alessandro Pico, responsabile nazionale Federmar Cisal, ha posto l’accento sul problema della disinformazione, anzi più precisamente della cosiddetta ‘controinformazione’. “Facciamo sindacato da 40 anni, e siamo ben consci che ci sono troppi interessi. Sulle navi passeggeri il comandante non può gestire da solo 1.000 membri di equipaggio perché non è un robot; purtroppo si fa un uso anarchico degli equipaggi. Ma più che la colpa umana a causare sinistri marittimi, sono le  macchine il vero pericolo; la tecnologia dà un senso di sicurezza eccessivo, e spesso contribuisce a far venire meno l’attenzione professionale”.

Per ultimo, il Capo Pilota del Porto di Napoli, Cap. Luigi Lucenteforte, ha perorato la causa della sua categoria. “Vi sono grandi complessità e difficoltà diverse in quella decina di approdi portuali che nel loro complesso operano nel Golfo di Napoli. A noi piloti disturba l’incoerenza normativa tra porti turistici e porti commerciali, nei primi non essendo previsto il pilotaggio, il che crea un gap nel bene primario fondamentale, ovvero la sicurezza. Ci chiediamo perchè l’obbligatorietà del pilotaggio non vale per tutti i porti per tutte le navi sopra 500 tsl a prescindere dalla finalità o meno commerciale della navigazione? In fondo negli aeroporti c’è dappertutto il controllore dalle torri e la sua attività vale per tutti i velivoli. Il quesito è: il pilota è sostituibile dal comandante delle navi? L’autogestione è uno scenario possibile?” è la provocatoria domanda retorica lasciata in sospeso dal capopilota partenopeo.

Angelo Scorza

Autorevole fonte: Ship2Shore

 

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