I marittimi sono una delle categorie lavorative maggiormente a rischio di infortuni e incidenti. La storia del trasporto marittimo è segnata da importanti incidenti navali con conseguenze spesso tragiche e devastanti, sia da un punto di vista umano che ambientale. Nonostante l’importanza economica di questo comparto, sulle riviste che si occupano di sicurezza spesso viene prestata poca attenzione alla navigazione.Diversi analisti attribuiscono la responsabilità di molti incidenti in mare principalmente a fattori umani indicandone una percentuale dell’80%. Pur aumentando le frequenze di questi eventi, gli studi hanno messo in luce che, da una parte, si sono invece ridimensionate le conseguenze, quindi maggior numero di incidenti ma meno gravi e, dall’altra, vi sono delle differenze significative in base alle tipologie di navi. Il tasso di mortalità è aumentato, ma solo in relazione a specifici eventi catastrofici. Gli analisti ribadiscono che le cause per la stragrande maggioranza degli incidenti navali dipendono da fattori umani, indipendentemente dal tipo di nave. Gli sforzi, quindi, per migliorare la sicurezza marittima, devono includere la ricerca sui fattori umani con, ad esempio, equipaggi maggiormente addestrati e coinvolti in programmi di formazione e familiarizzazione con le nuove tecnologie di ausilio nella gestione delle emergenze.
Il fattore umano si rivela, quindi, sempre più preponderante e centrale.
Ci si può riferire all’errore umano in diversi modi: può essere conseguenza di una decisione sbagliata, di un’azione svolta in modo sbagliato o di una mancata azione. La maniera più efficace per parlare di errore umano è partire da alcuni esempi, sempre riferiti a quello che vuole essere il contesto di riferimento, ovvero il mondo della navigazione. Due esempi: il primo esempio fa riferimento alla collisione tra le due navi M/V Santa Cruz II e USCGC Cuyahoga avvenuta nella notte del 27 ottobre 1978, presso la Baia di Chesa-peake, in seguito alla quale persero la vita 11 persone. Il rapporto di bordo segnalò che il comandante di ciascuna nave avvistò l’altra e che la presenza delle navi fu segnalata anche dalla strumentazione di bordo. Ciò nonostante la Cuyahoga andò a collidere con la Santa Cruz. Gli errori furono principalmente due: uno compiuto da parte del capitano della Cuyahoga, che ha interpretato in modo errato i segnali di via della Santa Cruz. Il secondo errore è stato commesso dall’equipaggio, che pur avendo compreso ciò che stava accadendo, non ha ritenuto di informare il capitano dando per scontato che fosse al corrente della situazione. Un altro tipo di errore, anche se indiretto, è rappresentato dal numero non adeguato dei membri dell’equipaggio, come prima conseguenza di una cattiva gestione da parte del comandante. In questa circostanza, la catena di errori parte quindi sia dal sovraccarico di lavoro che ha causato indirettamente l’errore del comandante in conseguenza della mancata risposta, sia da parte dei membri dell’equipaggio che non hanno ritenuto di accertarsi che il capitano avesse compreso la gravità della situazione.
Il secondo esempio è relativo alla Torrey Canyon, naufragata nel 1967 in seguito al suo incagliamento presso le Scilly Island, nel canale della Manica che ha causato uno dei maggiori disastri ambientali della storia. In seguito al naufragio, la Torrey Canyon rilasciò in mare 100.000 tonnellate di petrolio, causando la contaminazione della costa inglese. Per cercare di contenere il disastro evitando ulteriori danni sia alle coste inglesi che a quelle francesi, il governo britannico decise di ordinare alla RAF (Royal Air Force) di bombardare la nave ed incendiare il petrolio fuoriuscito. Anche in questo caso, si è verificata una concatenazione di errori. Il primo è dovuto alla pressione esercitata sul comandante affinché si attenesse a quanto era stato pianificato e arrivasse a destinazione nei tempi prestabiliti. Il comandante fu precedentemente contattato dalla sua agenzia marittima, che lo avvertì della presenza di bassa marea nei pressi di Milford Haven. Il comandante sapeva che, se non avesse rispettato il calendario, avrebbe dovuto aspettare altri cinque giorni, prima di poter trovare nuovamente la marea favorevole, ma questo avrebbe ritardato la discarica. Pertanto decise di aumentare la velocità in modo da rispettare la tabella di marcia e raggiungere Milford Haven in tempo. Un’altra decisione sbagliata presa dal comandante causò un ulteriore errore: passare attraverso le Scilly Island e non circumnavigarle, come deciso originariamente, per risparmiare tempo. Il comandante arrivò a questa decisione nonostante non avesse una chiara conoscenza della zona.
Nelle professioni a bordo delle navi i lavoratori sono generalmente esposti a vari fattori di stress, legati alle diverse mansioni svolte. Il livello di stress dipende anche dal ruolo rivestito all’interno dell’equipaggio, nonché dal posto di lavoro. Per esempio, gli ufficiali devono affrontare uno stress elevato a causa delle maggiori responsabilità relativamente alla gestione del personale ed alla nave vera e propria. Lo studio dello stress sul lavoro in Italia è diventato maggiormente importante, anche a seguito dell’introduzione del decreto 81/2008 (testo unico sulla sicurezza) che dispone il monitoraggio non solo fisico ma anche psicologico negli ambenti di lavoro, con particolari misurazioni sullo stress.
La fatica è uno degli elementi fondamentali nelle cause di stress. L’Organizzazione Marittima Internazionale definisce la fatica come l’indebolimento progressivo della facoltà di resistenza fisiche e mentali causato da stress fisico. Lo stress, pertanto può ridurre quasi tutte le abilità psico-fisiche, quali la potenza, la velocità, i tempi di reazione, il coordinamento, il processo decisionale e l’equilibrio emozionale. Come già detto, lo stress causa stanchezza e la stanchezza può portare quindi ad un rischio maggiore di incidenti. Il rischio stress legato alla fatica è maggiore quando ci sono orari di lavoro troppo lunghi, lavori notturni e lavori fisicamente pesanti (infatti questo rischio si dimostra più elevato nei ruoli di rango inferiore rispetto agli ufficiali). Lo stress da fatica ha notevoli ripercussioni sia fisiche (ad es. maggior rischio di infarti) sia psico-emotive (ad es. depressione). È importante, quindi, trattare la fatica nei lavoratori marittimi come un serio problema di sicurezza, anche in considerazione delle riduzioni del numero dei componenti degli equipaggi e dei cambiamenti nei ruoli a seguito delle introduzioni di innovazioni tecnologiche. Un secondo elemento importante nell’analisi del rischio di stress a cui sono sottoposti i marittimi, è la solitudine. Un’intervista condotta su 134 marittimi ha mostrato che il 59,7% considera “la lunga separazione dalla famiglia” come il fattore di stress principale del personale di bordo. Non sono emerse differenze significative trai ruoli considerati nell’indagine, poiché tutti hanno riferito uguali livelli elevati di solitudine e mancanza da casa. Un terzo elemento importante nell’analisi del rischio da stress da parte di lavoratori marittimi, sono i disturbi del sonno. Per il benessere psicofisico, sono importanti sia un numero di ore di sonno adeguate sia la continuità senza interruzioni. Dato il lavoro dei marittimi, con viaggi che spesso attraversano fusi orari differenti e con turni di lavoro particolari può risultare difficoltoso “riposare bene”. Nelle analisi effettuate, i due fattori combinati, cioè ore di sonno e numero di interruzioni, comportano più alti rischi di stress.
Un ulteriore elemento importante nell’analisi, riguarda la provenienza dei membri dell’equipaggio. Ad esempio, diverse nazionalità con lingue differenti, possono causare difficoltà di comunicazione e quindi portare all’isolamento o a confitti. Un ulteriore elemento che può aumentare i livelli di stress, è costituito anche dalla difficoltà o impossibilità di svolgere attività ricreative, dati gli spazi limitati ed il poco tempo libero a disposizione.
In generale, i membri degli equipaggi riferiscono minore soddisfazione sul lavoro rispetto ad altre categorie di lavoratori. Lo stress in particolare è collegato strettamente ad un minor benessere sul lavoro ed una minore soddisfazione lavorativa, che possono produrre, come conseguenza, decisioni sbagliate con maggiori possibilità di compromettere la sicurezza e quindi una minore safety performance.
La consapevolezza situazionale è la capacità di un individuo di sviluppare un efficace modello mentale rappresentativo di ciò che sta accadendo in forma dinamica e cioè considerando anche i possibili sviluppi futuri della situazione. Alcune ricerche hanno osservato che il 71% della globalità degli errori umani a bordo delle navi è connesso alla consapevolezza della situazione. Nel processo decisionale è stato evidenziato che i carichi di lavoro “Highmental” hanno conseguenze negative in termini di prestazioni relative ad un compito secondario. Il dover monitorare numerose apparecchiature contemporaneamente potrebbe indurre, infatti, in errore e causare gravi conseguenze.
La comunicazione è un’altra delle competenze di base più importanti per garantire una prestazione sicura ed efficace in tutti i settori ad alto rischio. Studiosi suggeriscono che uno dei fattori che influiscono sulla difficoltà di comunicazione sia legato al problema della lingua. A tal proposito, si rileva che gli standard di addestramento (certificazione e tenuta della guardia per la gente di mare STCW) richiedono come requisito un livello di fluidità nella lingua inglese. Nel settore marittimo, anche all’interno dello stesso equipaggio, il personale proviene da culture e nazionalità diverse quindi la gestione della diversità linguistica e culturale diviene un aspetto cruciale. Uno studio condotto presso il Centro Internazionale di Ricerca Marittimi, riferisce che solo su un 1/3 circa delle navi, è presente un equipaggio con la stessa nazionalità; ciò può potenzialmente creare difficoltà sia di comunicazione sia di relazione. Infine, il lavoro di squadra è considerato rilevante nella maggior parte degli studi sui ruoli di equipaggio.
La percezione della sicurezza merita risalto essendo un altro aspetto importante che entra in relazione con la safety performance, ovvero la percezione della sicurezza da parte dell’equipaggio.
Come già ampiamente citato, uno dei motivi principali dell’introduzione di nuove tecnologie a bordo dei mezzi navali, è legato agli aspetti relativi alla sicurezza. Il modo in cui gli equipaggi delle navi percepiscono la sicurezza a bordo costituisce un utile indicatore del livello di sicurezza generale. “Quando un dipendente si sente a rischio, lui o lei è a rischio”. Pertanto, queste valutazioni soggettive potrebbero riflettere lo stato delle condizioni di lavoro e costituire quindi validi indicatori di gestione della sicurezza e delle nuove tecnologie di controllo ad essa connessi. In settori ad alto rischio di incidentalità, come quello marittimo, il clima di sicurezza inteso come percezioni condivise inerenti il dominio specifico della sicurezza rispetto alle sue varie componenti, come ad esempio i comportamenti sicuri e la prevenzione, dovrebbe avere la massima priorità. Interessante uno studio di Fenstad che ha indagato la percezione di sicurezza a bordo tra i membri dell’equipaggio di navi passeggeri nelle acque norvegesi (244 questionari). Il presupposto era che il clima di sicurezza è legato fortemente al modo con cui gli individui e le squadre agiscono e collaborano quotidianamente come gruppo di lavoro. Anche altri fattori esterni come gli armatori e gli Enti di regolamentazione preposti (nazionali e internazionali), possono condizionare la percezione della sicurezza a bordo. Fenstad ha confermato l’ipotesi che la sicurezza a bordo è influenzata dal clima legato alla sicurezza, che è strettamente connesso alla collaborazione dell’equipaggio. La sicurezza a bordo non è influenzata solo dal clima di sicurezza ma anche, indirettamente, da richieste di efficienza da parte degli armatori (ad es. contenimento dei costi, riduzioni dei tempi di percorrenza, ridimensionamento degli equipaggi, competizione con la concorrenza)e da Regolamenti e Normative introdotti da Enti nazionali (Autorità Marittima) e internazionali (IMO). I dati emersi da questo studio hanno dimostrato che le richieste di efficienza da parte degli armatori hanno causato un peggioramento del clima di sicurezza e quindi potenzialmente della sicurezza a bordo. Importante risulterebbe quindi, per gli armatori, porre particolare attenzione nelle modalità di comunicazione e di coinvolgimento nel-l’introduzione di nuove tecnologie. È emerso, invece, un rapporto positivo tra la qualità delle attività di regolamentazione (Autorità Marittime) e il clima di sicurezza, riconducibile alla fiducia nelle istituzioni.
Per concludere la percezione della sicurezza a bordo può essere influenzata sia da fattori esterni, che coinvolgono gli armatori e Autorità di regolamentazione, le relazioni tra l’equipaggio e la cultura, sia da fattori interni come la motivazione, le caratteristiche personali, gli atteggiamenti e la soddisfazione lavorativa. Il coinvolgimento, quindi, di tutti gli attori ai vari livelli del sistema marittimo (equipaggi, armatori, autorità di regolamentazione) può essere efficace per dare luogo ad un miglioramento della percezione della sicurezza con conseguenti miglioramenti sulla sicurezza a bordo. Risulta quindi determinante, in presenza di continui cambiamenti ed innovazioni tecnologiche, occuparsi di come queste vengano accettate da parte degli utenti. Infatti l’analisi di cosa porti le persone ad accettare o meno l’introduzione delle nuove tecnologie diventa essenziale nell’implementazione delle stesse con un forte impatto sui comportamenti di sicurezza e quindi i loro effetti sulla salvaguardia della vita umana in mare.
randagio blogini
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