Le sette sorelle sui mari: storia, luci ed ombre del trasporto marittimo di idrocarburi
Di Daniele Motta
Per chi ha avuto l’opportunità di navigare sulle petroliere, magari ai tempi d’oro di quando le major oil companies, (meglio conosciute in Italia come le sette sorelle), che all’epoca erano anche degli armatori, ricorderà, forse con orgoglio e nostalgia, gli anni in cui i mari erano piene di navi armate da queste società che brillavano, a detta di molti, per efficienza e modernità, magari applicando, già a quei tempi, i primi (e all’epoca non consuetudinari) standard di qualità e di gestione che oggi sono praticamente utilizzati da quasi tutte le società esistenti in tutti i settori produttivi.
A coniare la locuzione “sette sorelle” fu Enrico Mattei, all’indomani della sua nomina a Commissario liquidatore dell’AGIP nel 1945, volendo indicare le compagnie petrolifere mondiali che formavano il cartello Consorzio per l’Iran, le quali hanno dominato il mercato della produzione petrolifera mondiale fino al 1973, anno nel quale vi fu la nota crisi energetica, dovuta principalmente alla improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all’Opec…
Enrico Mattei – Foto da parliamoitaliano.altervista.org
Le sette sorelle, di cui fece menzione Mattei, erano queste società:
Standard Oil of New Jersey, successivamente trasformatasi in Esso e poi in Exxon (che comunque conserva il marchio internazionale Esso), in seguito fusa con la Mobil per diventare ExxonMobil;
Royal Dutch Shell, Anglo-Olandese;
Anglo-Persian Oil Company, successivamente trasformatasi in British Petroleum e ora nota come BP;
Standard Oil of New York, successivamente trasformatasi in Mobil e in seguito fusasi con la Exxon per diventare ExxonMobil;
Texaco, successivamente fusasi con la Chevron per diventare ChevronTexaco, e successivamente Chevron;
Standard Oil of California(Socal), successivamente trasformatasi in Chevron, poi ChevronTexaco, e successivamente nuovamente Chevron;
Gulf Oil, in buona parte confluita nella Chevron.
Ma quali di queste società hanno rappresentato, magari per molti marittimi e non, qualcosa di positivamente importante? Una compagnia certamente rappresentativa in questo senso è sicuramente la Texaco, oggi Chevron (la quale continua tra l’altro l’attività armatoriale), per la quale hanno navigato molti marittimi italiani, di tutte le qualifiche.
La “Texaco Italia” in navigazione – Foto tratta dal sito naviearmatori.net
Altro esempio, sempre vicino a noi italiani, di società petrolifera anche armatrice di navi, è stata anche la Gulf Oil. Attualmente però le cose sono cambiate e con esse anche le politiche relative al trasporto. Infatti da diversi decenni l’importante segmento, dato proprio dal trasporto dei prodotti petroliferi, è nettamente “passato”, vedendole protagoniste, a società armatoriali, più o meno “storiche”, le quali spesso noleggiano le loro navi per assicurare il trasporto di questi prodotti in tutto il mondo.
In questa particolare lista non manca, per fortuna, la presenza dell’armamento italiano rappresentato da varie, ed anche storiche, compagnie di navigazione.
Tra queste ne citiamo alcune:
– Navigazione Montanari S.p.A.(le origini dell’attività risalgono al 1889) di Fano;
– Premuda S.p.A.(dal 1907) di Genova;
– D’Amico International Shipping S.A.;
– LNG Shipping(del gruppo ENI);
e molte altre…
La M/t la superpetroliera “Knock Nevis”, la più grande petroliera mai costruita – foto tratta dal sito dell’Ing. Navale R. Staiano
Ma per questo particolare settore specialistico dello shipping non sempre sono state rose e fiori: purtroppo sono stati molti, e a volte tragici ed incalcolabili, i sinistri che hanno coinvolto le sette sorelle e in senso più ampio le navi petrolchimiche.
Vogliamo citare perciò alcuni sinistri, tra i più noti, che hanno coinvolto queste navi:
Exxon Valdez Superpetroliera di proprietà della ExxonMobil, il 23 marzo del 1989 andò ad urtare contro una scogliera, denominata Bligh Reef, disperdendo nell’ambiente circa 42.000 m³ di greggio e inquinando 1.900 km di coste.A seguito di questo sinistro, il governo degli Stati Uniti a dovette rivedere i requisiti di sicurezza delle petroliere e ad assegnare i costi delle operazioni di pulizia della costa alle compagnie petrolifere. Questo sinistro registrò anche il record in termini di risarcimento danni: la Exxon fu condannata in sede civile e penale per oltre un miliardo di dollari, il maggior risarcimento fino ad allora mai registrato per un disastro industriale, fino al 2012.
Erika Petroliera monoscafo battente bandiera Maltese, di proprietà della Tevere Shipping Co. Ltd, naufragò il 12 dicembre 1999 nel Golfo di Biscaglia al largo di Penmarch, in Bretagna.
La M/t Erika durante le fasi dell’affondamento
Prestige Petroliera monoscafo tipo Aframax, affondò al largo alle coste spagnole il 19 novembre 2002 con un carico di 77.000 tonnellate di petrolio, provocò un’immensa marea nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia, causando un notevole impatto ambientale alla costa galiziana.
La M/t “Prestige” fotografata da una nave della marina spagnola, spezzata in due tronconi
Dopo questi sinistri, molti dei quali hanno rappresentato esempi “critici” per la costruzione e la sicurezza di queste navi, l’industria del trasporto marittimo di idrocarburi ha visto una nuova alba, caratterizzata da nuovi standard costruttivi, normative ad hoc, sia dell’IMO che nazionali, facendo vivere una nuova e vera e propria era di sviluppi e miglioramenti al settore.
In questa ottica, su impulso dell’IMO, le navi cisterna (dagli anni 1990) sono state infatti progettate e costruite con il conosciutissimo doppio scafo, ovvero un’intercapedine di circa 1,5/2,0 metri tra lo scafo esterno e le cisterne di carico.
Ma anche le autorità nazionali, come suddetto, hanno provveduto a restringere i tempi per l’adozione del doppio scafo: la legislazione europea e degli Stati Uniti hanno infatti imposto che dal 2010 (EU) e dal 2015 (USA) solo le navi provviste di doppio scafo possano navigare nelle acquee territoriali di questi paesi, elevando, e di molto, la sicurezza, nonché la tutela dell’ambiente.
Oggi seppur “lo scettro” ed il ruolo da protagoniste sia passato alle compagnie operanti nel settore croceristico, è indubbio che ancora oggi il settore del trasporto petrolchimico via mare rappresenta senz’altro un vero e proprio fiore all’occhiello dello shipping mondiale: continua infatti a formare, quasi sempre, ottimi ufficiali e comandanti e, elemento ancora più importante, continua a rappresentare spesso la massima espressione dei concetti di sicurezza, management e qualità certamente comuni a poche realtà industriali, anche non squisitamente marittime
Di Daniele Motta